Artisti Vari – Un Sentito Omaggio a Rodolfo Santandrea
Snowdonia, 2023
Perdonate il ricordo personale: fine anni ottanta, ho 15 anni e una grande passione per Edoardo Bennato, tanto da seguirlo in varie date dei suoi tour. E’ lì che, prima di uno show, sale sul palco, certo non troppo atteso, Rodolfo Santandrea, che solitario intona, tra le altre, Un’Arancia, brano che non sarà impossibile vedere passare anche nelle programmazioni della italianissima Videomusic (la ricordate?) nei mesi successivi. Il brano suscita una certa ilarità nel pubblico, io invece la prendo in simpatia, e comincio subito a canticchiarla. e da allora, pur non avendola mai più sentita, non ho davvero mai smesso di cantarla. Chiedete ai miei figli cosa ripete da sempre il loro padre quando porge loro un’arancia, e vi risponderanno sicuri, e probabilmente esausti per il pluridecennale tormentone, “che ti balla, che ti balla, nella pancia”. Singolare che io non mi sia mai posto la domanda in questi anni su chi diavolo fosse quel personaggio che mi aveva insinuato un simile tarlo nella mente, anche perché il CD ora prodotto dalla Snowdonia in collaborazione con il MEI, ci ricorda che, sebbene sia uscito dal mondo del pop vissuto in prima persona dopo soli quattro album, Santandrea è vivo e ben conosciuto nell’ambiente della musica classica per la sua orchestra Camerata Veneziana, che dirige. Già, perché poi la canzone per cui più lo si ricorda è legata proprio a quel mondo, quella La Fenice presentata da esordiente a Sanremo nel 1984 con tanto di musiche firmate da Riccardo Cocciante, che gli valse sguardi ancor più stralunati dai telespettatori, una bocciatura piena in una classifica delle nuove proposte dominata dal fenomeno Eros Ramazzotti, ma anche, a sorpresa, un prestigioso premio della critica. Si era in epoca “post La Voce del Padrone di Franco Battiato”, e lui venne considerato come uno dei più promettenti seguaci di quella nuova New Wave italiana, e il brano ancora oggi viene spesso ricordato nei social quando si scandagliano gli episodi più curiosi e dimenticati del Festival dei Fiori. L’album tributo vede il brano aprire e chiudere in due versioni, quella solo piano e voce di Claudio Lolli, che ne trasforma in termini più cantautoriali le velleità operistiche, e quella ammantata di elettronica e organi ribattezzata Capriccio Fenice, offerta dai NichelOdeon di Claudio Milano (autore anche dei disegni di copertina) con Filippo Manini. E se i padroni di casa Maisie non si perdono la ghiotta occasione di rioffrire una frizzante versione quasi in stile Sweet Jane di Lou Reed di Un’Arancia (canzone che potrebbe tranquillamente albergare anche in un loro album), molto interessante è riscoprire i brani, soprattutto provenienti dal disco d’esordio omonimo, riletti da Manuel Pistacchio (la straordinaria Le Aquile) , Stefano Barotti (che suona tutti gli strumenti della versione di Guance Bianche) e Jet Set Roger (molto moderno l’arrangiamento pensato per Niente). E ancora, sempre dallo stesso disco, provengono la teatrale Amsterdam riproposta da Davide Matrisciano, e la più classicamente cantautoriale Marta riletta da Mapuche e Matteo Castellano. Il disco si chiude invece, seguendo un rigoroso ordine cronologico (da cui viene escluso solo il secondo affascinante, ma probabilmente irrileggibile album, Ricordi e Sogni del Mio Vescovo), con due estratti del terzo album Aiutatemi, Amo i Delfini, che sono appunto Un’Arancia e Un Delfino offerta da Paolo Zangara, mentre il cupo addio alle scene di Anni, album pubblicato nel 1995 nel silenzio, viene omaggiato dagli Ossi di Vittorio Nistri e Dome La Muerte con la voce di Simone Tilli che interpreta la struggente Alice. Prodotto di gran valore storico che pone l’attenzione su una stagione musicale nostrana vivacissima, ma penalizzata dagli anni più cinici e crudeli dell’industria discografica, anni in cui finivi in disgrazia anche solo per una battuta sbagliata detta in televisione. Come quella che Santandrea disse a Claudio Villa durante una importante intervista di una televisione sul festival degli Stati Uniti, quando Villa enumerò con grande orgoglio al pubblico americano i grandi nomi della musica melodica italiana, ma quando toccò a Santandrea continuarla, lui chiuse la questione con un “ma che ci frega della musica italiana quando ci sono I Rolling Stones!” che fece imbestialire non poco il vecchio Claudio, e dice molto del perché di Santandrea ce ne occupiamo con quasi quarant’anni di ritardo. .
Nicola Gervasini
VOTO: 8
Nessun commento:
Posta un commento