domenica 18 febbraio 2024

BLACK LIPS

 

Black Lips - Apocalypse Love

Fire Records, 2022

 

In occasione della recensione del loro album precedente (Sing in a World That’s Falling Apart) vi avevamo raccontato dei loro epici concerti, dove non era raro finire coinvolti in scene da primordi dell’era punk. Inutile tornarci su, oggi i set dei Black Lips restano degli spettacolari Grand Guignol di irriverenza rock in stile Cramps, ma il tutto è ormai rientrato nel confine di una professionale norma da artisti. Oggi magari ci sarebbe da notare che questo Apocalypse Love è il loro decimo album, il che fa di loro dei veterani della scena alternativa statunitense, anche se della formazione originale del 1999 sono rimasti solo Cole Alexander e Jared Swilley, con la stilosa sassofonista Zumi Rosow in forza dal 2013 e le più recenti acquisizioni di Oakley Munson e Jeff Clarke.

Ed è tempo quindi magari di resoconti o punti della situazione, per decidere magari che posto possano avere i Black Lips, non tanto nelle nostre vite, quanto nel panorama musicale internazionale, dove restano un po’ un fenomeno trasversale (nascono come band roots o “cow-punk”, per riesumare un vecchio termine degli anni 80, ma poi sono andati stilisticamente un po’ ovunque). Basta ascoltare e vedere il video del singolo No Rave (no, il nostro governo stavolta non c’entra) per trovarsi immersi in un patchwork di atmosfere dark alla Siouxsie and The Banshees, beat dance che riportano ai dischi dei Tom Tom Club (ve li ricordate spero, erano il side-project di Tina Weymouth e Chris Frantz dei Talking Heads), look vagamente sexy-punk-rockabilly per cui citerei ancora una volta i Cramps. E poi ascoltate il disco, e a quel punto venite assaliti da una miriade di suoni, idee prese un po’ qui e un po’ là, citazioni, rimandi, omaggi, furti, influenze. Tutto, insomma, ma anche nulla che non faccia chiunque imbracci uno strumento musicale nei nostri giorni, visto che siamo ormai consci che questo rock può solo rimestare vecchie minestre con nuovi ingredienti, anche se qui nel minestrone loro ci hanno messo tutto quello che potevano, anche cose che magari mai avreste accostato. Il risultato è che ci si diverte pure con i Black Lips, sia quando estremizzano le loro nuove influenze disco per la pornografica Sharing My Cream, sia quando si buttano in cavalcate morriconiane da vero cowboy-movie come Tongue Tied. E ancora via con riverberi alla Link Wray o Duane Eddy buoni per un film di Tarantino come Love Has Won o Lost Angel, ballate rootsy in puro stile White Stripes (Stolen Valor), qualche sviata nell’elettronica (Whips Of Holly), campanellini alla Phil Spector (Operation Angela), il suadente country della title-track, fino al baldanzante pop kinksiano finale di The Concubine. Tutto bene insomma, ma alla fine di quello che vogliono essere i Black Lips come band e non come show ancora sappiamo poco, e credo che a questo punto non abbiano davvero intenzione di dircelo

VOTO: 6,5

Nicola Gervasini

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