domenica 18 febbraio 2024

SABRINA NAPOLEONE

 

Sabrina Napoleone – Cristalli Sognanti

2024, Lilith Associazione Culturale

 

Scrivo queste righe nei giorni del Festival di Sanremo, e mi rendo conto di quanto quello che esce dal mio stereo e quello che sta tenendo impegnata mezza Italia in un grande unico mix di discussioni/applausi/ironia/sfottò, siano davvero mondi lontanissimi. E non per una questione per forza qualitativa, ma proprio perché la musica italiana “mainstream”, ormai un mix tra tradizione canora nostrana, pop radiofonico e varie forme di moderno rap edulcorato, non ha nulla del coraggio e della libertà di espressione che la musica nostrana sviluppa a livello più carbonaro.

Ascolto ad esempio Cristalli Sognanti, il nuovo album di Sabrina Napoleone, artista genovese sulla scena fin dal 1995 quando esordiva con gli Aut-Aut (Il dizionario Cantautori e Cantautrici del Nuovo Millennio di Michele Neri identifica in quegli anni uno sfortunato  “sliding doors” per una sponsorizzazione da parte di Roberto Vecchioni che non portò però allo sperato contratto discografico con una major), animatrice tra l’altro del Lilith, Festival della musica d’autrice, kermesse tutta al femminile creata con le colleghe Cristina Nico e Valentina Amandolese.

Se dalla televisione mi arriva un unico suono piatto e stereotipato, qui  vengo raggiunto da una variopinta tavolozza di suoni e strumenti, svariati ritmi, testi liberi, polemici e poetici al tempo stesso. Insomma, in uno stile che ovviamente non può che far venire in mente la Nada degli anni 2000  (vuoi anche per quel vago scostamento tra testo e melodia che caratterizza le canzoni di entrambe) o la scrittura di Cristina Donà, la Napoleone, giunta al terzo album solista dopo i già molto interessanti  La Parte Migliore (2014) e Nodir Min (2017), ci regala un bell’esempio di che senso dare all’espressione “musica italiana di qualità”.

Nato per essere un album registrato in solitaria, basato tutto su un synth e programmazione di drum-machines, il progetto si è colorato con alcune determinanti collaborazioni, come quelle con gli amici di vecchia data Cristina Nico e Giulio Gaietto, o con le voci di Stefano Luna, Hilja Russo e Simone Meneghelli. Ma gli interventi forse più determinante sono quelli del violino di Alice Nappi e della viola di Osvaldo Loi, con un suono spesso più minaccioso che suadente che fa da contraltare alle programmazioni curate della stessa Napoleone. E poi, a parte il lungo finale quasi “ambient” di Mevidda, ci sono le canzoni, con i loro testi graffianti (Come 7/4), ironici (Stupidi Disperati). che parlano di solitudine (Gardur), indugiano in riferimenti classici (Critone), in ricordi di lockdown (Malattia Invettiva) o alluvioni vere o simboliche (Chimera).

Da dire poi della complessa personale rilettura della Genesi di La Visione dell’Occhio di Dio, caratterizzata dalle programmazioni di Salvatore Papotto. La Napoleone ci tiene a dire che la versione su CD è diversa da quella che troverete in streaming, perché “questo è un album, non una semplice playlist”. A qualcuno potrà sembrare una puntualizzazione anacronistica, ma forse è proprio nello spirito battagliero e innamorato della cultura come ancora di salvezza che anima queste canzoni (e che non ritroviamo più in ciò che passa la radio e la tv), che possiamo ancora sperare che la canzone italiana possa trovare una propria via alternativa all’omologazione odierna, e arrivare, non dico sempre, ma almeno ogni tanto, a qualche grande palco.

Nicola Gervasini

VOTO: 7,5

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