Nikki Lane
Denim & Diamonds
(New West, 2022)
File Under: Crazy New Girlfriend
E’ un po’ di anni che ci giriamo intorno a Nikki Lane, country-singer di Greenville che in questi anni abbiamo spesso trovato come ospite in tanti dischi da noi recensiti (ad esempio interviene in 3 Shots degli Hollis Brown del 2015), se non proprio coinvolta in prima persona con la sua band - i Texas Gentleman - al gran completo (ad esempio nell’album Don't Talk Abou It dell’australiana Ruby Boots del 2018), ma complice la sua misurata produzione (questo è il quarto album in dodici anni), solo ora arriva l’occasione. Denim & Diamonds è un disco molto atteso nel mondo del country americano, perché arriva dopo che nel 2017 il suo Highway Queen aveva riscosso buoni consensi, finendo anche nelle classifiche di vendita di genere, e in qualche modo è il disco giusto per familiarizzare con un personaggio neanche troppo giovanissimo (l’anno prossimo compie quarant’anni), seppur considerato “nuovo”. Scoperta da Dan Auerbach dei Black Keys, che nel 2014 le produsse il secondo album All Or Nothin’, la Lane è stata una delle tante autrici coinvolte nella laboriosa scrittura dell’ultimo album di Lana Del Rey, e il suo look da moderna versione di Loretta Lynn lo cura lei stessa, visto che è anche padrona di una nota catena di negozi di abbigliamento il cui nome, “High Class Hillbilly”, non credo lasci dubbi sul tipo di stile proposto. Esaminate le credenziali, veniamo alla sostanza: qui oggi Nikki Lane suona poco country, molto rock radiofonico di finissima, anzi, in qualche caso come Faded e Good Enough, ottima fattura, tanto che per la title-track si potrebbe persino scomodare il nome di Joan Jett per come approccia la materia con rabbia e carica da bad-girl di altri tempi. E il segreto di questo evidente cambio di rotta, lo sveliamo solo ora, è il lavoro in sede di produzione di Josh Homme (Kyuss, Queens of the Stone Age), uno che viene da altri mondi ancor più di Auerbach, ma che dimostra col suono scelto per queste canzoni, quanto rock FM americano anni 70 scorreva nelle vene di tutto il rock alternativo degli anni 90 (come già era stato notato per la produzione curata per Post Pop Depression di Iggy Pop). Ne esce un disco brillante e adrenalinico, persino quando i brani si fanno più lenti e riflessivi (Born Tough, Black Widow), grazie alla squillante vocalità della Lane. Insomma, meno rivolta solo al mondo del country di una Miranda Lambert, ma ancora non gettata nel calderone del mondo del pop come Taylor Swift, e ancora credibile anche come immagine senza dover ricorrere a colpi di teatro alla Orville Peck, la Lane azzecca la mossa del produttore giusto per portare nelle nostre case un disco che in macchina funziona alla grande, foste anche sulla Milano-Meda e non sulla Highway 51, sperando poi che in futuro il successo che sta riscuotendo non la trascini verso altri lidi.
Nicola Gervasini
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