Long
Hair In Three Stages - The Oak Within the Acorn
2023
Noisewave/ Long Hair In Three Stages
Diciamo pure che viviamo in un’era in cui parlare di logiche di mercato per il 99% dei prodotti musicali che affollano il web non ha più senso, rispetto a 30 anni fa escono parecchi più titoli e se ne vendono parecchi meno, per cui è logico che ogni artista indipendente (ma anche questa distinzione non so se ha davvero più senso) ragiona secondo un suo tornaconto del tutto personale. Certo, pecunia non olet dicevano i nostri antenati, ma è certo che la lussuosa confezione a libro (che vagamente mi ricorda le elaborate copertine a libro dei Pearl Jam, ad esempio Vitalogy) che i Long Hair In Three Stages hanno pensato per dare un contorno al loro album The Oak Within the Acorn, non è certo frutto di un ragionato e calcolato bilancio tra spese di produzione e vendite previste. Ma facciamo un passo indietro, perché gli anni scorrono e forse non tutti si ricordano dei Long Hair In Three Stages, nome che quattro catanesi (Giuseppe Lacobaci, Santi Zappalà, Giovanni Piccinini e Fabio Corsaro) presero probabilmente in prestito dal primo album del 1995 della noise-band U.S.Maple per dare vita ad un progetto che unisce la nostalgia per la scena sperimentale degli anni 80-90 alla voglia di tenere viva la fiamma creativa del lato oscuro del rock odierno, sempre se si possa ancora chiamare così. La band ha pubblicato due dischi tra il 2012 e il 2014, e ora arriva questo terzo con quasi 9 anni di studi e ripensamenti alle spalle. Non è un album per tutti The Oak Within the Acorn, anche se dietro il suo sound da garage di altri tempi si nascondono anche brani più che accattivanti come Tired, e sebbene le 72 pagine del libro che lo accompagna tra fotografie, bellissimi disegni di Yako Batchee e testi invogliano ad un tranquillo ascolto serale in poltrona, l’iniziale Dunning-Kruger-Voight-Kampff regala subito inquietudine sonora e oscuri presagi dietro un testo parecchio polemico sul tragico livello di discussione odierno su molti temi fondamentali . Il seguito è una sorta di quasi-concept, in cui un ipotetico trattato sulla natura di altri tempi diventa una impietosa e per nulla ottimistica fotografia sulla realtà. Non si salva nulla, dall’ecologismo che perde di vista il suo senso finale di The Cult Of Nature, alle storie sui migranti (The Blue Frontier), alla difficoltà di distinguere tra mondo reale e pornografia (Pornest Song Ever) alle lotte perse contro le discriminazioni (Mysogynocyde), tutto viene letto con l’occhio di capisce che, seppur vorrebbe, non può chiamarsi fuori da questo macello generale. Compreso quando si tocca la storia siciliana, raccontata in dialetto di Bronte, in Nunzio Frajunco (si parla dei Mille). D’altronde il sottotitolo del disco è “Punk Songs After The End Of The World”, e brani come How Charming The Beauty Of An Impending Extinction sono lì a gettare quel ponte tra ironica provocazione e sconsolata rabbia che caratterizzava la filosofia underground di un tempo. Sospesi a metà tra la voglia di essere i nuovi figli degli Husker Du (si ascolti 1991), l’amore per i giri di basso e le complesse trame chitarristiche dei Fall, e qualche frenata velleità avanguardistica alla Einstürzende Neubauten, i Long Hair In Three Stages raccontano da Catania quella Sicilia invisibile, lontana ma per nulla distaccata da una sofferente visione del mondo, che abbiamo conosciuto dai dischi del messinese Humpty Dumpty ad esempio.
Nicola Gervasini
VOTO: 7
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