Drive-By Truckers - Welcome 2 Club XIII
2022, ATO
A distanza di
ormai più di 25 anni dalla loro fondazione, possiamo dire che i Drive-By
Truckers siano stati davvero una delle roots-band americane più importanti di
questi anni 2000. Con il loro piglio che mischia southern-rock classico e
spirito da jam-band anni 90, la band di Patterson Hood si è caratterizzata per
uno stile molto personale, definito da una propensione allo storytelling in salsa
elettrica che trova forse solo negli Hold Steady di Craig Finn dei compagni di
viaggio, pur con le tante differenze tra le due validissime band, La perdita
dell’elemento più rivolto ad un songwriting di stampo classico come Jason
Isbell nel 2007 alla fine non è stata indolore, perché dopo l’ottimo Brighter
Than Creation's Dark, la band ha pubblicato tanto ma con qualche alto e frequenti
bassi. Il loro basso, va detto, non è mai sinonimo di brutto, ma come succede
anche con questo nuovo Welcome 2 Club XIII, l’alternarsi al songwriting tra
Patterson Hood e Mike Cooley ogni tanto si arena in una formula ripetitiva che,
se non supportata da una brillante esecuzione, finisce col suonare anche
stanca. Questo per dire che se negli ultimi anni i Drive-By Truckers sono stati
comunque capaci di rialzare la testa con dischi ben focalizzati come American
Band, spesso finiscono ad offrire una semplice riproposizione della loro
formula senza alcuna novità. Non c’è quindi nulla che suona storto in queste
nuove canzoni, i testi sono come al solito verbosi e raccontano con lucidità di
un’America che non avremmo altro modo di scoprire se non da loro (ad esempio la
buona Maria's Awful Disclosure, cronaca di ordinaria follia da integralismo
religioso in salsa americana). Ma in questo caso però il focus è più volto su
una serie di nostalgici racconti della loro gioventù e dei primi passi della
band (il locale del titolo è quello del loro esordio sul palco), dove la
pretesa che possano interessarci nuove storie di giovani statunitensi intenti a
rompere le regole, si scontra con una certa sciatteria produttiva, purtroppo
già spesso riscontrata in altre loro produzioni, che fa a pugni tra l’altro con
la veemenza e la brillantezza delle loro esibizioni live, anche odierne.
Insomma, l’urgenza del racconto in We Will Never Wake You In The Morning e
Billy Ringo in the Dark si perde in un tran-tran esecutivo. Fanno eccezione
l’iniziale The Driver o l’intervento della bella voce di Margo Price a
ingentilire le complesse trame liriche di Forged in Hell and Heaven Sent, ma si
spera che il guardarsi alle spalle di questo Welcome 2 Club XIII sia solo un
punto di arrivo che preannunci una nuova ripartenza, altrimenti la loro
prolificità discografica più che una benedizione, potrebbe diventare un
problema di una band che ha sicuramente già dato il meglio negli anni zero, ma
che non è detto che possa avere ancora qualcosa da raccontarci in futuro.
VOTO: 6
Nicola Gervasini
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