Afghan
Whigs
How Do
You Burn?
(Royal
Cream/BMG, 2022)
File Under:
The Unforgettable Fire
Parafrasando un vecchio successo melodico italiano che si poneva la questione sugli anni 80, alla domanda “Cosa resterà degli anni 90?” potremmo rispondere oggi “ben poco”. Tra morti eccellenti, e personaggi che hanno dato il meglio in una breve stagione, se analizziamo quanto i protagonisti dei primi anni del decennio (quando si parlava di “risveglio rock” con “grunge” e affini), stiano ancora dettando legge nella musica dei giorni nostri, i nomi non sono tantissimi. Greg Dulli è uno di quelli che bene o male ha resistito negli anni, uscendo magari spesso dai radar della critica più esigente, ma mantenendo comunque sempre viva l’attenzione anche con le avventure dei Twilight Singers (4 album) e dei Gutter Twins con Mark Lanegan. Dal 2014, a parte l’esordio solista del 2020, ha ripreso la pubblicazione con la sua sigla storica Afghan Whigs, e non nascondo che fino ad oggi, nonostante gli album Do to the Beast (2014) e In Spades (2017) fossero dignitosi , la sensazione di una resa al revival e alla nostalgia era forte, considerando che poi oggi, con lui, della formazione originale resta solo il bassista John Curley. La storia degli Afghan Whigs si era interrotta ancor prima dell’arrivo degli anni 2000, come quella di tanti gruppi di quel decennio, abituati anche a vendite oggi impensabili per gruppi che comunque maneggiano un rock alternativo e sotterraneo che ai tempi aveva il vantaggio di essere anche di moda. Il capitolo finale di 1965 aveva lasciato un po’ un boccone amaro, dopo album che hanno fatto la storia come Congregation, Gentleman e mettiamoci anche Black Love, e fino ad oggi ancora Dulli non era riuscito a ricucire quella piccola ferita. Ma l’occasione buona potrebbe essere questo terzo capitolo della nuova era, How Do You Burn? titolo che già suggerisce un quesito importante, e cioè cosa può infiammare una generazione di ultracinquantenni (lui ne ha 57) che vive di ricordi e con la netta sensazione che la festa del rock sia finita da anni? Un disco come questo, “vecchio” forse, ma che ritrova il fuoco di canzoni emotivamente forti, urlate col cuore, con una serie di complicati arrangiamenti che richiamano volutamente il sound del mitico Gentleman, come testimonia anche l’aver richiamato in Domino and Jimmy la bella voce di Marcy Mays, che di quell’album fu valore aggiunto. Una lacrima scende inevitabile quando nei cori di Jyja si riconosce proprio il vocione di Lanegan, oppure quando Dulli sfodera qualche ballata come Concealer, ma poi è sempre il suono a metà tra stoner rock e blues che, fin dall’inizio quasi zeppeliniano di I’ll Make You See God fino alla conclusione maestosa di In Flames, la fanno da padrone. A parte qualche esperimento tutto sommato riuscito come Catch a Colt, il disco ha un approccio decisamente accattivante e “streaming-friendly”, e, fossimo in altri tempi, sarebbe anche stato un bel contenitore di singoli di successo. Gli Afghan Whigs saranno sempre un nome che ci evoca gli anni Novanta, ma How Do You Burn? ci ricorderà di quella volta che, spostando un po’ di cenere, abbiamo trovato ancora brace infiammata per accendere un antico fuoco.
Nicola Gervasini
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