domenica 18 febbraio 2024

ROD PICOTT

 

Rod Picott

Paper Hearts and Broken Arrows

(2022, Welding Rod Records)

File Under: Songwriters

Rod Picott fa parte di quella categoria di autori che seguiamo da sempre con grande amore e interesse, ma che difficilmente si riuscirà a fare uscire dalla nicchia di appassionati di genere. Vuoi per il voluto “understatement” sia del personaggio che della sua musica, figlia di un cantautorato roots ormai consolidato, se non proprio antico, vuoi anche perché comunque le sue sono sempre produzioni che fanno della semplicità una virtù. Eppure, nella sua carriera ormai più che ventennale, ha prodotto tante canzoni di gran valore (ricercate album come Stray Dogs del 2002, Summerbirds del 2007 o Welding Burns del 2011 per trovarle), e anche il da molti ignorato doppio album Out Past the Wires del 2017 conteneva piccole gemme di songwriting che non ci stancheremo mai di consigliare. Quel “piccole” però vi dà l’idea di come, comunque, lui appartenga ad un sottobosco che anche questo nuovo Paper Hearts and Broken Arrows non sembra voler abbandonare. 12 brani, affidati alla spartana produzione di Neilson Hubbard, il poliedrico leader degli Orphan Brigade, che si sobbarca per l’occasione anche tutte le parti di piano e tastiere. Nonostante abbia esordito solo nel 2001, Picott non è giovanissimo (ha 58 anni), e la voce infatti comincia a dare segni di cambiamento, il che pare essere quasi un vantaggio, perché Hubbard lo spinge a sottolineare di più i toni bassi e rochi e a mostrare senza vergogna i segni dell’età che avanza. Il risultato è che se l’impianto sonoro garantito dalle sue chitarre e della sezione ritmica di Lex Price e Evan Hutchings (a cui si aggiunge ogni tanto qualche ricamo della lap steel di Juan Solodzano) non regala certo numeri impressionanti o rivoluzionari, l’intensità dell’interpretazione di brani come Lover, Sonny Liston, Washington Country e la toccante Mark of Your Father è davvero straordinaria. Le canzoni sono intrise di una tristezza che intuiamo derivare da una forte disillusione amorosa (Mona Lisa è una sorta di appello ad un vero amore forse inesistente, Valentine’s Day è lo struggente quadro di un uomo che passa in solitudine il giorno degli innamorati), il tutto raccontato con uno stile che lo avvicina come sempre ad un altro nostro piccolo eroe come Slaid Cleaves (che qui appare come co-autore del momento più cupo, Through The Dark), e con poche concessioni a momenti più spensierati (Dirty T-Shirt). Se già seguite Picott non perdetevi un disco che acquisterà molta importanza nella sua discografia, per gli altri invece provateci anche partendo da qui a farvi prendere dalle sue piccole storie personali, sono piccole medicine contro il famoso logorio della vita moderna.

Nicola Gervasini

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