domenica 14 settembre 2008

DOUG KWARTLER - All Sides


21/12/2007

Rootshighway


VOTO: 7



Era il 2001 e nella top ten annuale delle rivelazioni Rootshighway aveva segnalato World Rattles Round dei Foundry, un bell'album di tipico americana-sound, purtroppo rimasto senza un seguito. Doug Kwartler, il leader di quel gruppo, non si è però perso per strada, lo avevamo già incrociato in occasione di Halfway House Hollow, il suo album d'esordio, e lo ritroviamo sempre più convinto delle sue forze per questo monumentale All Sides. Kwartler è proprietario di uno studio di registrazione e relativa etichetta a New York, dove da anni si diletta a produrre artisti minori, ma qui si è fatto prendere da personale foga creativa e ha licenziato addirittura un doppio album. Dire che troppa grazia rappresenta il tallone d'Achille dell'operazione è quasi scontato, ma Doug ha scritto e pensato in verità due album ben distinti per anima e ispirazione. Il primo disco si chiama Just About To Die e rappresenta il lato più folk di Doug, che qui cavalca le onde del texas-swing alla Lyle Lovett (aiutato dalla presenza di una sezione fiati e da musicisti jazz della scena newyorkese), riecheggia le feste tradizional-folk di recente springsteeniana memoria come Just Walk Away, imbastisce brani di perfette radici dylaniane come la stessa Just About to Die e tante soffici e accorate ballate come Suzanne e Lonely Tonight. Molto bella anche la resa di On The Western Skyline, noto brano di Bruce Hornsby, una versione de-plastificata dalle sonorità anni 80 dell'originale che ha strappato complimenti e ammirazione anche al suo autore. Fin qui tutto nella norma però, Kwartler si adagia sui guanciali caldi e sicuri dei suoni acustici, rischiando non poco di confondersi nella folla dei mille menestrelli newyorkesi. Ma nel secondo cd, intitolato Strong, Doug si sveglia: il suono si fa leggermente più elettrico, si apprezzano di più le sue doti di chitarrista, le canzoni acquistano grinta e spunti originali, nonostante il modello in questo caso sia evidentemente il Ryan Adams di Gold (scusate la banalità). Il bel falsetto di Ghosts e il gusto tutto sixties delle soluzioni elettriche di Bangor sono i momenti migliori, mentre Strong rimane forse la prova d'autore più notevole del lotto. New York è la protagonista di tutte le canzoni, ma quella di Kwartler non è la città nera e selvaggia raccontataci da Lou Reed e nemmeno la giungla d'asfalto del Willie Nile recente, quanto il rassicurante centro del mondo raccontato nella dolce Park Avenue, una visione quasi poetica e disincantata che piacerebbe sicuramente a Woody Allen. Sarà che il disco è stato registrato nel bel mezzo della nascita della sua bimba, immortalata a giocare con il banjo di papà nelle foto del booklet, per cui anche la Big City si è trasformata in una grande madre, calda e avvolgente quanto i suoni di questo disco. Magari un po' di polvere dei bassifondi avrebbe reso il tutto più intrigante, ma questa è un'altra New York, e quelli di Lou Reed e Willie Nile erano ben altri dischi…(Nicola Gervasini)

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