15/01/2008
Rootshighway
VOTO: 6,5
Non staremo qui a fare della facile ironia sull'ennesimo improbabile nome italo-americano offerto dal mondo della roots-music, e nemmeno sulla divertente necessità di tradurre nel retro-copertina il latino del titolo in un "shadows" più comprensibile alle masse americane. Tenebrae, secondo interessante disco del songwriter di Chicago Mike Mangione, rappresenta da qualche mese un caso per una certa critica statunitense e uno spunto di riflessione per noi. Inquadriamo subito la proposta: non scomodiamo come al solito Astral Weeks di Van Morrison, così evidentemente richiamato nel brano I'm Sorry Again o nei notevoli dieci minuti finali di Mama, Be Not Afraid, in quanto basterebbe fermarsi al suo miglior più recente discepolo Ray LaMontagne per citare l'artista più affine. Oppure si potrebbe notare in The Killing Floor il richiamo alle angeliche atmosfere dell'Hallelujah di Jeff Buckley e via discorrendo di altri classici e capolavori di folk sofferto e distorto che pesano su queste canzoni come macigni. La musica di Mike Mangione segue e rielabora modelli con precisione quasi ingegneristica, e la sensazione di trovarsi davanti al risultato di una buona clonazione è la prima che assale dopo i primi ascolti. Quello che è buffo è che Tenebrae abbia suscitato grande ammirazione nella critica legata all'indie-rock e alla scena più alternativa, mentre per ora pochi onori sono arrivati dal versante critico più legato alla musica roots. Strano ma anche logico destino per un giovane autore che ha fatto gavetta sui palchi con il ben poco alternativo Michael McDermott, ma che con questo disco ha evidentemente voluto travestire di ombre dodici canzoni che potevano tranquillamente esaltarsi anche con un tocco più solare. Lui spiega sul suo sito che la scelta di produrre 62 minuti di ballate oscure e soffocanti deriva non dalla pretesa di proporsi come un nuovo Micah P.Hinson, come ci verrebbe da pensare forse un po' malignamente, ma parte dall'amore per le sonorità delle produzioni più note di Daniel Lanois. Non potendo ovviamente permettersi un così costoso collaboratore, Mike si è affidato in produzione alla maestria del fratello Tom Mangione, vero factotum di casa, che con il produttore Duane Lundy ha realizzato un vibrante impasto di chitarre e archi davvero encomiabile. Ma non si può non notare un certo atteggiarsi a poeta disturbato fin dai lunghi titoli scelti per le sue composizioni come A Requiem For The Trash: Damnatio Memoriae o Now That It's Done: Won't You Come Back?. Rimaniamo un po' disorientati dunque, perché da un lato Tenebrae mette sul fuoco molta più carne della media qualitativa di tutte le auto-produzioni che stiamo ascoltando in questi tempi, dall'altro conferma l'apparentemente assurda idea che possa esistere un mainstream anche nel mondo della musica indipendente o una "moda indie" che Mangione ha voluto seguire dimostrando per ora solo grande talento ma poca vera personalità da artista.(Nicola Gervasini)
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