18/06/2008
Rootshighway
VOTO: 7
C'è una vecchia legge non scritta nel mondo del blues che recita più o meno così: "quando senti di essere a corto di idee e ispirazione, chiama un paio di amici e qualcosa di buono verrà sempre fuori". B.B.King lo sa bene, visto che vanta ormai una lunghissima discografia di with-a-little-help-from-my-friends-records, e John Lee Hooker rinnovò in questo modo una carriera arenatasi nel pantano degli anni 80, ma Sonny Landreth è assolutamente un novellino nella pratica. Fortuna nostra che From The Reach, settimo album in studio del chitarrista della Louisiana, non si risolve in una mera parata di grandi nomi ad uso e consumo del mercato discografico, ma solamente succede che per la prima volta lo sentiamo cercare l'applauso, uscire dalle righe e sbrodolare note in più, come un vero guitar-hero d'altri tempi. E anche i tanti ospiti illustri sembrano più una presenza voluta a confermare la sua grandezza, più che una necessità funzionale alla buona riuscita dell'album, quasi che il buon Sonny stia cercando i giusti tributi al proprio talento dopo anni di onoratissima carriera. Landreth per l'occasione sfoggia undici brani scritti tutti di suo pugno, anche se stavolta ha lasciato nel cassetto gli appunti del buon songwriter presi durante le frequentazioni con John Hiatt, perché, rispetto ai precedenti dischi (gli ottimi Levee Town del 2000 e The Road We're On del 2003), qui si sente una minore ricerca della canzone d'autore a favore di stilemi blues e zydeco molto più classici e consolidati. L'inizio di Blue Trap Blues è uno di quelli che subito ben dispone all'ascolto, una partenza super-energica ravvivata da un Mark Knopfler decisamente in parte. Si atterra subito con la professionale When I Still Had You, duello di chitarre con un Eric Clapton in versione musicista del diavolo, una presenza segnalata anche nella più risaputa Storm Of Worry. Il club delle chitarre vestite da Armani (manca solo Robert Cray all'appello…) si completa con il redivivo Robben Ford, una partecipazione piuttosto impalpabile nella quasi caraibica Way Past Long, ma ben più riconoscibile in Blue Angel, ménage à trois con Vince Gill. Quest'ultimo, ex chitarrista dei Pure Prairie League e country-man di fama consolidata, dona un tocco di melodia in più alla lieve The Goin' On e uno di troppo alla chiusura di Universe, mentre il chitarrista texano Eric Johnson duetta alla grande in The Milky Way Home, coinvolgente strumentale concepito per pura esibizione di bravura (fin troppo gigiona invece l'altra wordless-song Uberesso). Molto bella la sinuosa Let It Fly, impreziosita dalla voce della ex-Arrested Developement Nadirah Shakoor, mentre la guascona Howlin'Moon, appuntamento zydeco partorito con il piano di Dr John e la voce di Jimmy Buffett, diverte nonostante la sua profonda prevedibilità. From The Reach è dunque un album tecnicamente abbacinante, ma da Landreth ormai ci aspettiamo più sostanza. Ma per una volta può anche bastare così.(Nicola Gervasini)
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