19/05/2008
Rootshighway
VOTO: 6,5
Ha una barba da Robinson Crusoe d'ordinanza, un nome d'arte che sembra quello di un gruppo, un nickname formato da due elementi con un significato ben preciso, e la sua musica è un folk acustico, soffice, stralunato e intimista, impreziosito dal saltuario intervento di qualche altro strumento. Di chi stiamo parlando?. Noi, come voi, risponderemmo fin da subito di (o "dei") Iron & Wine, invece l'occasione ci porta a parlare di Bring Me Your Love, secondo disco di (o "dei") City And Colour. Il proprietario del marchio è Dallas Green (Dallas = City/ Green = Colour, se non ci eravate arrivati da soli…), cantante e chitarrista di una band canadese di "post-hardcore" di nome Alexisonfire, nome di gran successo nell'ambito indie del nordamerica, e titolari già di alcuni acclamati (e anche ben venduti) album di genere. Quasi fosse un novello Mark Lanegan, quando si concedeva una gita premio nei meandri del folk come pausa dalle scariche elettriche degli Screaming Trees, Green nel 2005 aveva dato alle stampe un primo disco intitolato Sometimes (in verità una raccolta di brani da tempo messi a disposizione dallo stesso artista nei canali peer-to-peer), sempre indirizzato verso quel folk scarno e sognante a metà tra Will Oldham e Sam Beam, ma con una vocalità molto british-like, quasi alla Billy Bragg. Bring Me Your Love si presenta invece con un progetto ben più unitario e definito, anche se include alcune registrazioni live "ripulite", e un'attenzione non sempre costante negli arrangiamenti. Infatti la partenza fin troppo involuta e lo-fi di Forgive Me e Confessions, o una bella canzone come Body In A Box (chitarra-armonica-organo), potrebbero tranquillamente dire di più con un sapiente lavoro di studio, e non semplicemente accontentandosi di strimpellate acustiche senza grande originalità. Un peccato in fondo, perché quando Green sfrutta la band di casa (Spencer Burton al basso e mandolino e Daniel Tavis Romano alla batteria) i risultati sono anche ottimi, come accade nella bella The Death On Me, oppure in Waiting…(giustamente scelta come singolo del disco), dove i semplicissimi intrecci di organo e piano raggiungono la perfezione di una folk-song colorata senza tanta fatica, sullo stile delle impalcature sonore del primo David Gray, giusto per fare un altro nome. Invece a volte la ricerca dell'essenzialità e del suono "nudo e crudo" a tutti i costi suona come una grande occasione persa, come accade per esempio nel duetto con Gordon Downie dei Tragically Hip (Sleeping Sickness), brano notevole, ma suonato in maniera abbastanza sommaria. Tante belle canzoni (Constant Knot e soprattutto la conclusiva As Much As I Ever Could), qualche bella idea (i due tempi di The Girl) e qualche punto ancora troppo sfocato, Bring Me Your Love piace, ma non risolve la questione se la label City And Colour abbia più o meno un futuro in prima linea o se rimanga solo un piacevole side-project di un'altra storia.(Nicola Gervasini)
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