domenica 14 settembre 2008

MARY GAUTHIER - Between Daylight and Dark


14/09/2007
Rootshighway
VOTO: 8,5
A questo punto mi pare evidente che Joe Henry sia dotato di un aureo tocco alla Re Mida, perché oltre alle sue produzioni personali, ben centellinate e sempre a livelli di eccellenza, da qualche anno molti artisti hanno beneficiato del suo genio per raggiungere vette davvero ragguardevoli (penso, tra i tanti, a Bettye LaVette, o al recente Loudon Wainwright III). Probabilmente però questo Between Daylight And Dark, l'atteso album di Mary Gauthier, sarà il suo vero fiore all'occhiello da produttore, e l'impresa non era per nulla facile e scontata. La Gauthier aveva fatto il colpo nel 2005 con lo splendido Mercy Now, ed era quindi chiamata a confermare una statura artistica di primo livello, e lei a questo fondamentale appuntamento si è presentata con dieci canzoni oscure, lente, dedite ad un country-noir estremo e senza compromessi. Il rischio era che il tutto deragliasse in una estenuante discesa negli inferi dell'animo di una donna intenta ad aprire senza alcun pudore le porte della propria disperazione. Invece la ditta Gauthier/Henry si è inventata un disco quasi perfetto, con pochissime cadute di tono, portando fino alla fine una serie di melodie apparentemente indolenti e monocorde, senza mai perdere la tensione e sostenendo in ogni momento l'enfasi della narrazione. In parole più semplici: quelli che potevano diventare i cinquanta minuti più noiosi dell'anno, sono ora uno dei dischi più emozionanti che ci sia capitato di sentire ultimamente. Henry in fin dei conti sembra quasi non esserci: un tocco di piano qui, qualche basso vibrante là, un po' d'aiuto dagli amici Greg Leisz, Van Dyke Parks e lo stesso Wainwright III, ma la sua vera grandezza è quella di far sentire la propria presenza senza mai palesarsi veramente, come quei grandi registi che non ti fanno mai sospettare che a filmare la scena ci sia una telecamera. Nel lettore resta dunque la Gauthier, con la sua voce incerta e toccante, e un pugno di canzoni che spesso bastano a sé stesse (per Can't Find The Way non trovo aggettivi adatti a magnificarne la grandezza, Same Road e Soft Place To Land sono brani che non si trovano nel repertorio di molte giovani country-singers), ma a volte sono talmente basilari nella scrittura (sentite Before You Live o Please) da avere il forte sospetto che in mano ad artiste meno capaci e con una produzione meno attenta, le stesse si confonderebbero nella massa. Sicuramente non è per tutti sostenere brani come I Ain't Leaving, scrivere un vero e proprio manifesto come Last Of The Hobo Kings, procedere senza inciampare nei meandri di Snakepit o Thanksgiving. Se fosse un medicinale e non un cd, bisognerebbe mettere le avvertenze e modalità d'uso che tengano lontano chi cerca il rock alla luce del sole o gli intriganti misteri della notte: questo disco infatti, come suggerisce il titolo, è puro crepuscolo, cioè quell'ora del giorno in cui la depressione non trova sbocchi e il mondo è fatto di ombre. Between Daylight And Dark vi renderà quel momento molto più sostenibile. (Nicola Gervasini)

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