25/08/2008
Rootshighway
VOTO: 6,5
Succedeva anche questo alla fine degli anni '80: a Liverpool una band impiegò cinque anni per fare un disco, chiarì al mondo in che direzione sarebbe andata tutta la musica inglese dei vent'anni successivi, e sparì senza troppe spiegazioni dopo un solo album. Più volte si è cercato in quell'occhio stampato sulla copertina del disco degli La's una spiegazione di quella follia, ma a Liverpool storicamente si fa così, si bruciano carriere, si litiga e si sfaldano gruppi, e intanto si fa la storia della musica britannica. Ma quando si imbraccia una chitarra, si fa sempre musica con umiltà e passione, e serve sapere questo per capire la filosofia che sta dietro a questo Fierce Truth And Fortune, disco d'esordio di un bel ragazzotto del luogo di nome Chris Elliot. Serve innanzitutto per capire come mai i fondatori degli La's (il batterista Mike Badger e il chitarrista Paul Hemmings) si siano dati tanta pena per registrare e promuovere le canzoni di un anomalo folksinger inglese, forgiato con stampo talmente americano, che ti chiedi quale triste vita da emarginato possa avere avuto a Liverpool un artista così. Ma questi signori, che un tempo hanno buttato alle ortiche la possibilità di essere più ricchi e famosi degli Oasis, da tempo passano le loro giornate a fare i talent-scout attraverso la piccola etichetta Viper, con tanto amore per la materia e ben pochi mezzi a disposizione, a giudicare da questo spartano prodotto. Registrato in trio con strumentazione quasi esclusivamente acustica, con Hemmings in veste di produttore e polistrumentista, Fierce Truth And Fortune presenta sedici piccoli schizzi d'autore, pressati in 45 minuti e interpretati con voce sicura e pulita, piccoli brani che affondano le mani nelle tradizioni americane più rurali, con ben poche concessioni al brit-pop di casa. Sono tutti brevi appunti di viaggio di un beatnik d'Albione che macina gospel (Oh Love, Lord Above), blues (Nailed To The Floor) e delicate folk-ballad (All I See) con un minimalismo stilistico alla Langhorne Slim. Hemmings aggiunge strumenti qua e là con molto tatto, anche se con poco genio e originalità, rispettoso e quasi timido quanto il titolare. Significativo in questo senso l'improbabile video di Out For The Sea, facilmente rintracciabile in rete, dove una camera fissa riprende un ingessato Elliot che canta con sguardo teso e vitreo, staccando solo per inquadrare la mano di Hemmings che suona il tema della canzone al pianoforte. Nessuna concessione alla spettacolarità dunque, qui si punta solo sulle canzoni, tutte orecchiabili e facilmente memorizzabili al primo impatto, tristi (Hurt, Cheat and Lie) o scanzonate (Raise The Dead) a seconda dell'umore. Elliot è interessato a raccontare piccole storie che sembrano cercare il momento e non chiedono di durare nel tempo, e questo rappresenta forse il pregio e il limite di questo esordio, che brucia tutte le emozioni in un'unica fiammata, ma che in seguito non riesce a svelare molto di più di quanto detto al primo colpo.(Nicola Gervasini)
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