lunedì 15 settembre 2008

MEG BAIRD - Dear Companion


13/07/2007

Rootshighway


VOTO: 7,5



E' davvero un peccato che questo disco di esordio di Meg Baird esca nei mesi più caldi dell'anno, perché sarà che in Italia abbiamo un grigio e "piovoso" immaginario di tutta la musica brit-folk, ma Dear Companion sarebbe l'ideale colonna sonora per i prossimi freddi pomeriggi autunnali. In verità Meg tanto esordiente non è, al suo attivo ha già due dischi con il gruppo degli Espers, un trio capitanato dal polistrumentista Greg Weeks e dediti ad un folk più tendente al progressive e alla psichedelica. Inoltre ha anche un duo con la sorella Laura (The Baird Sisters) con cui gira da anni gli Stati Uniti riproponendo una sorta di versione moderna delle sorelle McGarrigle. E ancor più per amor di verità di "british" lei ha solo lo stile e il modo di cantare, non certo le origini, che sono sorprendentemente americane, della zona di Philadelphia per la precisione. Innamorata del canto di Sandy Denny, ma ancor più di quello di Jacqui McShee dei Pentangle, Meg Baird si propone con un disco composto quasi solo di cover e traditional, e solo in due casi prova, anche con un certo successo, a ricalcare di suo pugno lo stile del brit-folk tradizionale (le delicate Riverhouse In Tinicum e Maiden In The Moor Lay). Il risultato, sebbene sia pur sempre "di genere", è ben lontano dall'essere una mera copia carbone degli esempi citati, vuoi perché la strumentazione più che il folk dei Fairport Convention riporta alla mente il sound di certi momenti della Joni Mitchell di Blue, vuoi perché, pur essendo un disco che nasce vecchio fin dal suo concepimento, riesce in qualche modo a suonare comunque fresco e attuale. Le cover proposte sono Do What You Gotta Do, un successo di quella macchina da hit che è Jimmy Webb, una sorprendente All I Ever Wanted dei New Riders Of The Purple Sage (era sul primo album della storica band), la dolce River Song di Chris Thompson e la divertente The Waltze Of The Tennis Players di Alan H Fraser. Il resto del cd sono traditional come la soave title-track (presente in due versioni), The Cruelty Of Barbary Allen, Willie O' Winsbury e Sweet William And Fair Ellen, tutti brani che non vantano famose rivisitazioni e che quindi diventano suoi di diritto viste le belle e definitive versioni che riesce a inventarsi. Strumentazione scarna a base di acustiche e dulcimer, nessuna percussione, l'affidamento totale alla magia delle proprie corde vocali, Dear Companion racconta storie di altri tempi, esprime sentimenti con intima timidezza e assicura quaranta minuti scarsi di atmosfere oniriche e rilassanti come una tisana della sera. Le previsioni del tempo segnalano nubi all'orizzonte: non fatevi cogliere impreparati senza queste dieci canzoni nello stereo. (Nicola Gervasini)

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