BUSCADERO - Marzo 2008
VOTO: 7
Nel 2004 i Girls In Hawaii furono oggetto di uno dei più riusciti e insperati tam-tam della rete, un passaparola che portò il loro disco di esordio From Here To There a ricevere consensi quasi unanimi, recensioni positive e notorietà internazionale. Ora i sei ragazzi, tutti provenienti dal Belgio, hanno finalmente concluso la realizzazione di Plan Your Escape, il fatidico secondo album, la sfida all’OK Corral di qualsiasi gruppo esordiente per sapere se appartenere al partito delle meteore o entrare nel grande planetario del rock. Quattro anni sono tanti, ma sono i vantaggi della vita pseudo-indipendente, dove nessuno ti mette fretta per approfittare dell’interesse così casualmente suscitato, e certo non è nelle politiche dell’etichetta 62tv records (la stessa dei loro quotati connazionali Venus e dEUS) e della francese Naïve che li distribuisce spingere a produrre opere seconde frettolose e arraffazzonate. Plan Your Escape mostra infatti una band che ha saputo maturare nei tanti concerti tenuti in questi anni, capace di proporre una musica varia e fantasiosa, forse a volte fin troppo autocompiaciuta della propria vulcanica creatività, ma accattivante quanto basta per considerare questo capitolo un passo avanti rispetto ad un esordio che col tempo stava rischiando di farsi dimenticare. This Farm Will End Up In Fire, il singolo che apre il disco, è uno di quei rarissimi casi in cui si riesce a fare una musica “di moda” e “di qualità” al tempo stesso, una splendida canzone pop che strizza molto l’occhio al mainstream inglese odierno, ma con estremo gusto. Sun Of The Suns paga subito il dazio ai prodotti D.O.C. inglesi sciorinando lisergiche atmosfere beatlesiane, ma con Bored le corde delle chitarre si sciolgono, il pop dei Beatles si colora del gusto psichedelico dei Blues Magoos grazie alle tastiere d’altri tempi di Christophe Léonard. Anche quando, come in Shades Of Time, scelgono la via della tenue melodia su tessuto acustico, la band mostra di saper ben mischiare le proprie carte, unendo uno folkie-style che in questo caso ricorda molto quello offerto di recente dagli Iron & Wine all’utilizzo di strumenti poco convenzionali come uno scacciapensieri. Il timone della band continua ad essere saldamente in mano a due co-capitani, i chitarristi Antoine Wielemans e Lionel Vancauwenberghe, bravi a non portare la nave nelle secche della noia anche quando i tempi dei brani si dilatano oltre i sei minuti come in Fields Of Gold, forse un po’ scontati invece quando in Couples On TV si lanciano in scherzi da cabaret tomwaitsiano. E sanno anche essere davvero divertenti quando accelerano il power pop di Grasshopper, un imponente muro di tre chitarre e organo, con devastante assolo di armonica finale, che alzerebbe non poco i toni riflessivi del disco, se non fosse che il brano, presente nel promo in nostro possesso, è stato purtroppo escluso in extremis dalla pubblicazione ufficiale proprio perché, a detta della band, rendeva il disco disomogeneo. Con Colors si torna al low-fi alla Pavement, con voci soffuse e filtrate e una gran sensazione di essere già passati in mezzo a tutto ciò più di dieci anni fa, un momento poco lucido che continua anche con Birthday Call, dove l’equilibrio tra scaltrezza pop e capacità di creare anche sostanza non appare così perfetto come nel brano di apertura, e con uno strumentale, Road To Luna, che non aggiunge davvero nulla alla loro storia. Il finale torna però ai buoni livelli della prima parte, inizialmente con l’evocativa Summer Storm e infine con la tesa Plan Your Escape, un testo carico di drammatica tensione che chiude il tutto in maniera per nulla rilassata. Il processo di maturazione dei Girls In Hawaii è dunque cominciato, e Plan Your Escape è un capitolo importante di questo percorso, forse ancora non così unico per evitargli i soliti paragoni con i Grandaddy o i Belle & Sebastian che li accompagnavano ad ogni loro recensione, ma perlomeno sufficiente per riconoscerli tra la massa.
Nicola Gervasini
Nicola Gervasini
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