mercoledì 17 settembre 2008

DR JOHN - City That Care Forgot


07/07/2008

Rootshighway


VOTO. 7



La proverbiale indolenza e il fatalismo esistenziale tipico degli abitanti di New Orleans fece guadagnare alla città negli anni trenta il nomignolo di "City That Care Forgot" (traducibile liberamente come "la città che dimentica di preoccuparsi"), un nickname generalmente attribuito alla sagace penna di Mark Twain, alternativo al più noto "The Big Easy". Serve sapere questo per capire l'ironia del titolo del nuovo lavoro di Dr John, perché da quando nel 2005 la città è stata messa in ginocchio dall'uragano Katrina, sembra proprio che la "grande facilona" abbia perso la voglia di fregarsene dei problemi, tirando a campare tra un carnevale e un giro di blues. City That Care Forgot era un disco che Mac Rebennack aveva dentro da tempo, uno dei suoi saltuari e rigenerativi ritorni alle atmosfere del Mardi Gras cittadino. Quello che manca in questa nuova rimpatriata è quella voglia di gozzovigliare che animava il suo capolavoro del 1972 Gumbo, o altri album come Going Back To New Orleans del 1992 o il più recente N'Awlinz: Dis Dat or d'Udda del 2004, tutti impermeati dai ritmi indiavolati della città. Stavolta infatti c'è da cantare una tragedia, c'è da metabolizzare la rabbia per l'indifferenza del resto dell'America (sentite Promises, Promises o il manifesto elettorale di Time For A Change), e c'è dunque da ritrovare la forza di ripartire (Keep On Goin', My People Need A Second Line o anche l'appello di Save Our Wetlands). E c'è anche da ritrovare una nuova identità comune, persa con la scoperta che durante l'alluvione era il proprio il vicino di casa quello che abbandonava nei flutti la gente o svaligiava quel che restava delle case (una sensazione di fiducia tradita evidente in You Might Be Surprised o in Black Gold). C'è quindi da preparare, se è possibile, un nuovo carnevale, più sfrenato e pazzo del solito, perché la città riesca a lavarsi via il fango che non l'ha fatta respirare per tanto tempo. E l'uomo giusto per farlo è proprio Dr John, perché se l'anno scorso Zachary Richard ha cantato la disperazione vista dal lato dei cajùn con lo splendido Lumière Dans Le Noir, Rebennack prova a vedere le cose ancora più dall'alto, parlando non solo a New Orleans come fece il collega, ma all'America e al mondo intero, quasi volesse lanciare un monito valido per tutti descrivendo una città che non si preoccupava, e forse avrebbe fatto bene a farlo. E tutto questo lo canta con un disco che rappresenta la summa del suo stile, con grande ritmo, fiati, e suoni anche moderni (senza arrivare però alle esagerazioni di Television del 1994), con il solito sfoggio compiaciuto di grandi nomi (Eric Clapton, Ani DiFranco, Willie Nelson) e fornendo performances sempre vigorose e all'altezza della situazione. Manca forse il colpo di genio in più per non farlo sembrare un disco un po' risaputo, ma non era né l'argomento, né l'occasione giusta forse. Prima di tornare a far vera baldoria, il nostro Night Tripper ha bisogno di capire cosa si sta festeggiando.(Nicola Gervasini)

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